Due o tre cose che ho capito di PopcornFlow
È da un po’ che stiamo ronzando attorno a PopcornFlow, e finalmente abbiamo avuto l’occasione di ospitare Claudio Perrone a Bologna per la prima edizione italiana del suo workshop.
Popcornflow workshop avanscoperta
Nonostante avessimo già applicato PopcornFlow (sotto la guida di Claudio, lo abbiamo meta-applicato al processo di organizzazione e vendita del workshop), vederlo in azione ha fatto emergere qualche elemento in più.
Il sincronismo è la chiave
PopcornFlow è uno strumento di change management estremamente potente, ma forse l’arma più potente di tutte è il fatto di confezionare una giornata completamente dedicata al cambiamento, coinvolgendo il maggior numero di persone possibile, o meglio portandole:
- nello stesso posto,
- nello stesso momento,
- con uno scopo ben preciso.
Può sembrare banale, ma non lo è affatto.
Quando le cose non vanno bene tutti vogliono cambiarle! Basta intercettare un po’ di chiacchiere alla macchinetta del caffè e possiamo scoprire un sacco di “proposte” (il virgolettato è d’obbligo) per cambiare le cose.
Il problema è che queste vengono di solito espresse nel formato “Ma perché non fanno [idea X]?”, che è destinato a cadere nel vuoto, di solito nel formato “Eh, sì hai proprio ragione…”.
… E poi, come al solito, non succede niente!
Tante idee isolate sono destinate a fallire
Le cose non cambiano per povertà di idee: quelle ci sono.
Non è detto che siano tutte praticabili (ne parlo dopo), ma il guaio è che le idee sono destinate a rimanere lettera morta se non trovano un terreno fertile. E la macchinetta del caffè non lo è perché, mentre 2 o 3 persone stanno discutendo – o cospirando – su come cambiare le cose, il resto dell’azienda sta facendo altro. Sta lavorando a testa bassa o si sta occupando di cose più importanti.
Per coinvolgerle in una qualche iniziativa, dovremo pianificare una riunione, illustrare il nostro piano o chiedere udienza. Ed è già passata la voglia.
Senza un momento comune, non raggiungeremo la massa critica.
Ho letto di recente The power of Habits di Charles Duhigg, e un tema che mi ha colpito è stato proprio quello della massa critica necessaria ad innescare un cambiamento. La stessa situazione si è riproposta tante volte, ma solo in determinate circostanze ha scatenato un cambiamento persistente.
La stessa lampadina mi si è accesa durante il workshop: tutti sono consapevoli che certe cose non vanno e che dovrebbero essere cambiate, e tutti avranno idee, ma da soli o con pochi colleghi, quindi ben lontani dalla massa critica.
Il “trucco” di PopcornFlow è quello di ribaltare questa prospettiva: prima raggiungiamo la massa critica, poi tiriamo fuori le idee.
La difficoltà di scalare è diventata un costo organizzativo del workshop, non un ostacolo sulla via del cambiamento.
Non sono chiacchiere
Lavorare in gruppo a caccia di opzioni per introdurre il cambiamento nella nostra organizzazione ha altri risvolti positivi: il framework proposto da Claudio è volutamente minimale. I requisiti per innescare il cambiamento sono ridotti al minimo indispensabile, sgonfiando le obiezioni del tipo “eh, ma bisogna pensarci bene” che, aggiungendo cerimonie ad una pratica già naturalmente predisposta ad essere procrastinata, finiscono per aumentare ulteriormente la resistenza al cambiamento. Ma il gruppo permette di validare la bontà delle idee: quelle balzane non raccoglieranno sostenitori, mentre a quelle che vale la pena di provare basta un “Perché no? Io un esperimento lo faccio!”.
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Tutto avviene in maniera estremamente formale, ma efficace. Le idee vengono generate: alcune attingono dal serbatoio della macchinetta del caffè, altre nascono per contagio una volta che siamo esposti alle idee altrui. Non tutte saranno solide o praticabili, ma non stiamo cercando soluzioni robuste, ma semplici esperimenti percorribili.
Rispetto ad altri aspetti di change management più formali il messaggio è: il cambiamento è semplice! Non è un’attività da lasciare al management, o a qualche consulente, ma è responsabilità di tutti noi.
Claudio ha trovato un modo prescrittivo (segui questi semplici passi) per permettere anche ai neofiti di progettare un esperimento.
Siamo tutti un po’ nella cacca…
Durante il workshop, Claudio ha innescato alcuni round di scambio di soluzioni peer-to-peer in stile “scegli un problema e confrontati con un altra“. Che nella pratica è un modo molto intelligente di indurre le persone a chiedere aiuto ad una persona che non conosci così bene.
Esattamente ciò che sul posto di lavoro non faremmo mai.
E… funziona! Il ritorno sull’investimento di quel tempo è stato spettacolare.
In tutte le organizzazioni c’è qualcuno bloccato su un problema che ritiene essere “suo” e per mille motivi non si sente legittimato a chiedere aiuto. In realtà bastano pochi minuti ed un framework che rompa il ghiaccio al posto tuo.
Il commitment è fondamentale
Perché i buoni propositi del workshop non diventino a loro volta lettera morta,* listen di commitment* esplicito è fondamentale. Perché solo l’assunzione di responsabilità “pubblica” (e tracciata) ci permette di passare all’azione, senza essere nuovamente travolti dal flusso della quotidianità.
In conclusione…
L’approccio è decisamente interessante. Mi sono piaciuti alcuni spunti critici sul fatto che per certe organizzazioni l’obiettivo stia diventando quello di “applicare Scrum” (o Kanban, o SAFE) invece di scoprire cosa fa per loro accelerando il loro processo evolutivo.
Mi è anche venuta l’acquolina in bocca all’idea di combinare EventStorming, per la parte di consapevolezza del proprio ecosistema, con PopcornFlow per introdurre variazioni allo status quo sui punti sensibili. Ma questa è un’altra storia… 😉
Learn with Claudio Perrone
Claudio è il trainer del PopcornFlow Workshop.
La lista completa dei nostri corsi: Avanscoperta Workshops.